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Gli Stati Uniti si preparano a celebrare il prossimo 3 novembre la 59^ edizione delle elezioni presidenziali, l’appuntamento elettorale più importante della superpotenza mondiale. Un appuntamento con in gioco una posta altissima, che da sempre vede in campo strategie raffinatissime ed esempi di marketing avanzati da parte non solo dei candidati alla presidenza, ma anche dei partiti che li sostengono, democratici e repubblicani. Strategie che, seguite e analizzate con attenzione, potranno offrire uno spaccato del presente e del futuro del settore marketing, qui applicato all’ennesima potenza.

Idee in campo per influenzare il voto

Gli ultimi anni hanno evidenziato in modo costante e crescente come, nell’ambito delle campagne elettorali per le presidenziali, si sondino tutti i terreni più avanzati per cercare di incidere sul voto. Tanto che si sono verificati anche “incidenti diplomatici” sull’uso spregiudicato di dati personali raccolti attraverso i social media. Questi appuntamenti sono dunque un’interessante “palestra” e possono fornire indicazioni sullo sviluppo futuro del marketing, e non solo in politica.

Conquistare l’elettore: un marketing “bilaterale”

Cos’è infatti riuscire ad ottenere un voto a proprio favore se non il frutto di una costante, convincente ancorchè poco appariscente operazione di marketing? Di più, in questo caso specifico, si potrebbe parlare di un “marketing bilaterale”: non c’è infatti soltanto il candidato e il partito politico che lo sostiene a cercare di convincere l’elettore della bontà delle proprie idee. C’è anche, forse in modo più importante, l’elettorato di riferimento a spingere candidato e politica a piegarsi ai suoi desideri. Un meccanismo che ricorda molto da vicino quello che intercorre tra produttori e consumatori in qualsiasi altra branca del marketing classico.

Esempi di marketing: i guru americani del “marketing politico”

Da tempo comunque si parla apertamente di “marketing politico”: secondo uno dei più importanti esperti del settore, il francese Michel Bongrand, “Il marketing politico è un insieme di tecniche aventi come obiettivo di favorire l’adeguamento di un candidato al suo elettorato potenziale, di farlo conoscere al maggior numero di elettori, di creare la differenza con i concorrenti e gli avversari e, con un minimo di mezzi, di ottimizzare il numero di suffragi che occorre guadagnare nel corso della campagna”.

Ogni campagna elettorale, non soltanto quella per le presidenziali americane che è probabilmente “la madre di tutte le campagne elettorali”, necessita organizzazione e strategia.

Coloro che si assumono questa responsabilità negli Stati Uniti, non solo guidano giganteschi comitati elettorali, macchine in grado di raccogliere molti milioni di dollari da supporter e gruppi di potere per le attività a sostegno di uno o dell’altro candidato, ma diventano punti di riferimento per i candidati stessi, ai quali spesso possono arrivare a indicare le linee politiche da seguire.

Per il Presidente uscente Donald Trump ad esempio un ruolo chiave sia nella strategia della campagna elettorale di quattro anni fa, che poi per le azioni da intraprendere almeno fin quando è stato in carica, lo ha avuto Steve Bannon, giornalista, politico, produttore cinematografico e politologo, ex banchiere d’investimento e capo stratega del Presidente dal 20 gennaio al 18 agosto 2017, tuttora da molti visto come l’ideologo della linea politica ed economica generale di Trump.

Bannon è sempre stato una figura molto discussa, proprio per la sua spregiudicatezza nel cercare di orientare dati e social media: è stato vice-presidente di Cambridge Analytica. Recentemente è tornato alla ribalta per il suo arresto per frode, con l’accusa di aver truffato i finanziatori del muro tra Stati Uniti e Messico.

Il caso Cambridge Analytica e la sua “onda lunga”

Il caso Cambridge Analytica è stato a suo modo un punto di svolta nell’ambito del trattamento dati raccolti dai social media, la cui “onda” si allunga anche sulle prossime elezioni presidenziali. Cambridge Analytica è una realtà che si occupa di Data mining, le metodologie per ricavare informazioni da quantità enormi di dati. Semplificando, a seconda dei vostri like su Facebook, dei post che vengono condivisi e dei messaggi veicolati, viene elaborato un profilo su quelle che possono essere le vostre preferenze, inclinazioni, interessi che può essere veicolato per indirizzare messaggi mirati e persuasivi così da orientare anche l’inclinazione al voto.

L’uso dei dati Facebook-Cambridge Analytica è stato uno dei maggiori scandali politici avvenuti all’inizio del 2018, quando fu rivelato che la società aveva raccolto i dati personali di milioni di account Facebook senza il loro consenso e forzando anche le direttive del social network.

Lo scandalo aveva comunque provocato un forte calo del prezzo delle azioni di Facebook, alla quale venne richiesta una regolamentazione più rigorosa sull’uso dei dati personali da parte delle aziende tecnologiche.

La risposta di Zuckerberg per le Presidenziali 2020

Visto il forte danno causato alla compagnia dallo scandalo di due anni fa, Mark Zuckerberg per le prossime presidenziali ha deciso di passare “al contrattacco” così da evitare qualsiasi critica o coinvolgimento sull’andamento delle elezioni. Ha quindi attivato un nuovo Centro informazioni sul voto lanciato sia su Facebook che su Instagram. Una sorta di opuscolo informativo digitale, con tutte le istruzioni per arrivare al voto del prossimo novembre.

Nel Centro informazioni sono presenti tutte le istruzioni per registrarsi al voto, quelle per inviare la propria preferenza via posta, quelle dedicate ai militari e alle persone che vivono lontano dagli Stati Uniti. Attraverso un form è possibile anche capire come fare domanda per lavorare ai seggi elettorali.

Il difficile rapporto tra Trump e i Social media

Una scelta nella direzione della trasparenza, e dell’imparzialità, che fa seguito a un lungo periodo contraddistinto tra una sorta di “duello” tra il Presidente Trump e i principali social media. Twitter ad esempio ha aperto le ostilità segnalando come “potenzialmente fuorvianti” alcuni tweet del Presidente. Il quale ha accusato il social di interferire nelle elezioni presidenziali 2020.

Ma pochi mesi dopo, nel pieno delle manifestazioni per il movimento “Black lives matters”, Facebook ha cancellato alcuni post del Presidente considerandone i contenuti  incitanti al razzismo. La risposta di Trump anche in questo caso non si è fatta attendere ed è arrivata fino alla minaccia di chiudere i social.

Non puoi batterli: fatteli amici

Una minaccia che però difficilmente verrà attuata, nemmeno in forme più lievi: anche i consulenti di Trump sanno che non è pensabile portare avanti una campagna elettorale in antagonismo con i social, che anzi oggi sono uno dei principali strumenti per arrivare a comunicare con gli elettori. Tanto più che i risultati delle presidenziali appaiono estremamente incerti, più della forbice che attualmente darebbe in vantaggio il candidato democratico Joe Biden sul suo rivale (Hillary Clinton del resto era data avanti nei sondaggi fino alla sera prima del voto nel 2016).

Una partita apertissima: ogni mossa sarà importante

Negli ultimi 25 anni quasi tutte le elezioni USA sono state estremamente combattute e dopo il mandato di Trump il Paese si presenta ancor più polarizzato. Possibile quindi prevedere un testa a testa in cui ogni dichiarazione, ogni azione, ogni mossa di “marketing politico” potrebbe risultare decisiva.

Sicuramente si tenderà con decisione a far leva sulle emozioni: negli anni Trump ha sempre voluto rivestire il ruolo dell’”uomo forte”: deciso in politica estera, anche attraverso azioni economiche per proteggere l’economia interna (la cosiddetta “guerra dei dazi” ne è un esempio lampante). Ma arriva alle presidenziali nel pieno di un’emergenza sanitaria, quella per il coronavirus, che negli Stati Uniti ha avuto dimensioni drammatiche. Un clima di paura diffusa, in cui si vedrà se potrà ancora essere visto come forte difensore del popolo.

Biden ovviamente cavalca questa situazione, come anche le tensioni che si sono venute a creare sulle tematiche razziali, in direzione opposta e contraria a Trump, e la scelta di Kamala Harris, afroamericana, come candidata alla vice presidenza è una mossa importante su questo scacchiere.

Si voterà sull’onda dell’emozione

Come abbiamo già avuto modo di spiegare sia sopra che in altri interventi, un ruolo decisivo lo avrà dunque, da qui a novembre la capacità di giocare sulle emozioni e sicuramente per farlo entrambi i candidati faranno un uso sistematico e probabilmente spregiudicato di immagini e video per sostenere le proprie idee, su temi “caldi” quali migrazioni, sistema sanitario, questione razziale, economia interna, occupazione, relazioni internazionali (anche se è provato da molti studi che quest’ultimo punto per l’elettore medio americano riveste oggi un’importanza molto bassa).

I toni che si utilizzeranno in queste modalità comunicative, gli strumenti, le idee, plasmeranno non soltanto il prossimo mandato presidenziale ma in buona parte saranno studiate e adottate anche nell’ambito degli altri settori di marketing nei prossimi anni.